Un nuovo allestimento per il più antico museo della stampa, in origine ideato e sviluppato da Francesco Borri nel 1963

Dopo il mandato di capitale della cultura che ne ha rinvigorito l’identità di città d’arte, Parma rimane sulla cartina delle destinazioni museali nazionali con il rilancio di un museo cittadino da ricordare e riscoprire, alla cui istituzione fu strumentale il ruolo di Francesco Borri e di cui il figlio Alessandro fu presidente diversi anni più tardi.

È il Museo Bodoniano, noto come il più antico museo della stampa in Italia – inaugurato nel 1963 in occasione del 150° anniversario del tipografo piemontese – che si sposta in una più ampia sede all’interno del complesso della Pilotta: dal terzo piano dove è rimasto allestito per quasi sessant’anni a più ampi e accessibili locali al piano terra del complesso, in una nuova ed arricchita configurazione.

All’inaugurazione di martedì 29 novembre, il nuovo Museo Bodoni si mostrerà in una forma rivista e ristrutturata, articolata ora in quattro sezioni. La prima dedicata a “Bodoni, Parma e l’Europa”, dove scoprire la produzione tipografica del tempo e incontrare Bodoni nei suoi numerosi ritratti. La seconda e più ampia ala sarà dedicata a “La fabbrica del libro” che occuperà la parte centrale della sala espositiva, ripartita in quattro ampie nicchie in cui sono ricostruite le fasi di lavoro di Bodoni. La terza sezione sarà “La stampa”, con prove su carta e pergamena, copie su seta, e un torchio ripristinato anche per fini didattici. Infine “L’illustrazione e la legatura”, con le lastre di rame relative alle edizioni bodoniane, l’esposizione della pressa da carta di alcune delle più belle legature bodoniane. I processi di composizione, stampa e legature saranno illustrati alle pareti dalle tavole dell’Encyclopédie.
Una grande libreria raccoglierà la collezione dei volumi bodoniani, con speciale risalto alla raccolta palatina delle legature originali.

Pubblichiamo di seguito l’abstract della ricerca storica svolta da Margherita Becchetti, studiosa di storia contemporanea.

 


 

Alessandro Borri e il Museo Bodoniano di Parma (2000-2011)

Abstract ricerca di Margherita Becchetti

Quando Alessandro Borri ne divenne presidente ‒ il 12 settembre 2000 ‒ il Museo Bodoniano di Parma aveva alle spalle già 37 anni di vita, alcuni felici e fortunati, altri meno.

A promuoverlo, nel novembre 1963, era stato il padre Francesco, uomo di cultura e di ingegno che nella Parma tra regime e Repubblica aveva lasciato più di un segno in città, dall’Ente provinciale per il turismo al Festival verdiano, dalla Deputazione di Storia Patria alla tradizione, di cui la città si fa ancora vanto, di allestire grandi mostre intorno ad artisti come Correggio e Parmigianino.

Quando Francesco Borri immaginò un museo dedicato a Giambattista Bodoni aveva in mente non solo un luogo di conservazione del prezioso materiale posseduto dalla Biblioteca Palatina ‒ punzoni, matrici, lettere, appunti, codici e cimeli tipografici ‒ ma anche, e soprattutto, un luogo di studio dell’arte grafica che divenisse motore propulsivo di ricerche e nuove conoscenze. Anche per questo l’anno successivo, nel 1964, il museo venne affiancato dal Centro studi “G.B. Bodoni” che si pose il compito ambizioso di promuovere studi e conoscenza sull’arte tipografica in Italia e in Europa.

I primi anni furono segnati da un’intensa attività culturale, con l’organizzazione di importanti mostre e la pubblicazione di volumi significativi per la storia della stampa e dell’editoria, nonché di un periodico (il «Bollettino del Museo Bodoniano di Parma») che proiettasse al di fuori le tante attività delle due istituzioni bodoniane.

Dopo la morte di Borri nel 1975 e il terremoto del 1983 (che ne rese inagibili i locali), il Museo visse però una fase di profonda crisi, economica e culturale. Venne cancellato dalle istituzioni che ricevevano il contributo del Ministero per i beni culturali in quanto giudicato ente «inutile» e venne riannesso alla Biblioteca Palatina. Solo alla fine degli anni Novanta, dopo che nel 1994 ne venne nominato commissario straordinario Leonardo Farinelli (all’epoca direttore della Biblioteca Palatina), il Museo riemerse dalle difficoltà, con un nuovo statuto (approvato nel 1999) e Alessandro Borri come nuovo presidente: una figura che garantiva, con il suo nome e la sua passione per la bellezza, la continuità di un pensiero aperto e lungimirante che ‒ su altri versanti ‒ era stato di suo padre e del fratello Andrea.

Il rilancio immaginato da Borri e Leonardo Farinelli all’inizio degli anni Duemila si appoggiò su alcuni principi che, in filigrana, si ritrovano nella storia dell’intera famiglia Borri: innanzi tutto il voler ripartire da quell’idea antica sulla quale il Museo era stato concepito tanti anni prima e cioè il mettere la collezione bodoniana, e la sua attività espositiva, al centro di una serie di iniziative di promozione culturale, convegni, mostre, dibattiti, premi per incentivare l’innovazione grafica, pubblicazioni di libri su Bodoni e su altri stampatori e protagonisti dell’arte grafica.

In secondo luogo un’inclinazione alla cultura europea, al respiro internazionale che Alessandro condivideva col padre Francesco (da cui aveva ereditato la carica di console onorario di Francia nel 1977) e, ancora una volta, col fratello Andrea che, negli stessi anni, era divenuto presidente della Provincia di Parma. E così, ad esempio, nel nuovo Museo che Borri si trovò a presiedere, volle celebrare l’importante anniversario del quarantesimo anniversario della sua fondazione ‒ nel 2003 ‒ con un significativo convegno sui Musei della stampa in Europa cui parteciparono i direttori delle prestigiose istituzioni di Magonza (Museo Gutenberg), Anversa (Museo Plantin-Moretus) e Lione (Museo della stampa).

Purtroppo la malattia segnò di lì a poco, nel 2011, la fine della presidenza di Alessandro Borri che, come in altri ambiti in cui si era speso ‒ come la LIPU, la FAI o l’associazione Italia Nostra ‒ aveva portato nel Museo una sua qualità intimamente personale che tutti coloro che lo hanno conosciuto sempre gli riconobbero e cioè la capacità di portare avanti con determinazione battaglie rigorose senza asprezza ma anzi con la pacata raffinatezza che segnava il suo carattere.